Di Francesco e il Calcio, tra sacrificio, tecnica e psicologia

Eusebio Di Francesco, neo allenatore del Frosinone e membro della Giuria del Premio Letterario sportivo internazionale Pietro Mennea, è stato intervistato da Jvan Sica, collaboratore della Fondazione Polito. Ecco il testo integrale.

In questa intervista non parliamo di calcio, o meglio parliamo di calcio senza parlarne secondo i normali argomenti. La prima domanda è: qual è il libro, un film, una canzone che più ti ha ispirato o che meglio ricordi del tuo periodo da calciatore?

«Ti rispondo facile: “Messaggio per un’aquila che si crede un pollo” di Anthony de Mello. È un libro che fa capire ai ragazzi quanto è importante puntare su delle qualità che ti permettono di diventare un’aquila e non rimanere un pollo. È un discorso decisivo per chi vuole eccellere nello sport.»

E invece c’è un libro (film, canzone) che ti ispira o ricordi meglio rispetto a questo nuovo periodo da allenatore?

«Poiché l’aspetto psicologico da allenatore è ancora più importante, un libro a cui tengo è “Mindset” di Carol Dweck, un libro che rileggo anche molto volentieri per interpretare gli aspetti del pensiero delle persone o del gruppo che ho di fronte.»

Da calciatore eri associato all’idea di sacrificio (ma non solo, eri molto di più). Per te sacrificarsi per il compagno e per la squadra era il tuo modo di giocare al calcio o una scelta precisa in relazione ai contesti in cui hai giocato, rispetto anche a quello che ti chiedevano gli allenatori?

«Sacrificarsi è più che altro un mezzo, una strada. L’obiettivo per un calciatore e una squadra è vincere, ma non bisogna concentrarsi sulla vittoria, bensì sul modo di arrivarci alla vittoria, sulla strada da percorrere, non sul traguardo. E alla base del “come” c’è il sacrificio. Proprio di questo sto parlando ultimamente ai miei ragazzi.»

Oggi nello sport si dà grande importanza alla velocità di esecuzione. Pensi che questo sia in contrasto con la fantasia o la precisione dell’esecuzione stessa?

«La velocità di esecuzione è parte integrante della dimensione tecnica di un calciatore. Oggi più sei veloce nell’eseguire un gesto tecnico, più è facile per te portare un vantaggio alla squadra. In questo senso la velocità non toglie nulla alla fantasia o alla precisione, anzi esalta questi due elementi perché in poco tempo devi esprimere la tua fantasia.»

Ti sei mai positivamente meravigliato (di un gesto di un altro calciatore o di qualcosa che accadeva in panchina o sugli spalti) su un campo da calcio?

«Ci sono stati tanti calciatori che mi hanno meravigliato. Il primo è stato Diego Armando Maradona. Per quanto riguarda il calcio vissuto dal campo, anche solo vedere il mio compagno Francesco Totti mi piaceva da morire, così come mi piaceva la gestione della palla di Zinedine Zidane.»

Si parla tanto di fluidità per il calcio di oggi. Ma per te cosa è nello specifico?

«Insieme al concetto di fluidità, che capisco fino a un certo punto, nel calcio di oggi si parla soprattutto di principi. Si parte dall’insegnamento che è sempre la base di tutto, per poi lasciare maggiore libertà al calciatore di interpretare i contesti e non rispondere semplicemente attraverso gli schemi di gioco. Il nostro obiettivo è portare il calciatore a poter fare le scelte migliori possibili.»

Ci consigli una partita da vedere per capire il bello del calcio oggi?

«Per me è molto facile rispondere. Guardatevi Roma-Barcellona (Champions League 2017-2018) e vi divertirete come mi sono divertito io.»

Intervista a cura di Jvan Sica