Igor Protti, ex calciatore e club manager del Livorno, racconta la sua esperienza al fianco della Fondazione a sostegno del Passaporto Ematico

Protti: «Far indossare la fascia della Fondazione è motivo di orgoglio»

Riminese di nascita e cittadino onorario di Livorno e Bari: girovagando per la penisola ne ha raccolti di soprannomi Igor Protti. In Toscana, la terra in cui si è trasferito non ancora 18enne, lo ricordano come il Re; in Puglia, dove ha raccolto fama e gloria, è stato etichettato come lo Zar. Poi il ritorno in maglia amaranto, lì dove tutto è iniziato, per terminare la sua lunga carriera. Ventuno anni di professionismo in cui ha raccolto due record: è l’unico giocatore ad aver vinto il titolo di capocannoniere nella stagione in cui la sua squadra (il Bari) ha subito la retrocessione; e inoltre, a braccetto con Dario Hubner, ha vinto quello stesso titolo in tre categorie differenti (dalla A alla C1). In mezzo, le esperienze a Messina, Roma (sponda biancoceleste), Napoli, Reggio Emilia e Bergamo (con la Virescit). Dal 2016 è tornato nella città che lo ha adottato da ragazzino, questa volta nelle vesti di Club manager: ecco l’intervista che ha rilasciato ai nostri microfoni.

Igor tu conosci bene la nostra Fondazione: nel 2009 hai ricevuto il Premio “Andrea Fortunato”, sei stato ospite a tante edizioni successive e grazie a te il capitano del Livorno, in occasione della partita contro la Salernitana, ha indossato la nostra fascia di capitano sulla quale è raffigurato il volto di Piermario Morosini.

«Innanzitutto voglio ringraziarti per quello che stai facendo con la tua Fondazione, per me è sempre un grande piacere rivederti dopo tanti anni e avere la possibilità di parlare di prevenzione e salute. La battaglia che stai portando avanti cerca di tutelare il più possibile la salute degli atleti ma io sono convinto che serve a tutelare anche gli stessi medici chiamati a controllare gli atleti, sottoponendoli a controlli obbligatori che evidentemente in alcuni casi si sono dimostrati insufficienti. Questa battaglia quindi è fondamentale per evitare ciò che è successo ad alcuni calciatori in passato (Morosini, ndr) e per tutelare la salute di tutti. E far indossare la fascia di capitano della tua Fondazione è motivo di orgoglio».

Qual è il tuo ricordo di Andrea Fortunato?

«Con Andrea ci siamo incontrati poche volte da avversari ma ricordo che, anche se non abbiamo mai giocato insieme, portava sempre un grande rispetto nei miei confronti, mi salutava sempre con quel sorriso bello, vero, di un ragazzo semplice che anche se era arrivato a giocare in un club prestigioso come la Juventus aveva mantenuto la sua umiltà».

Quanti gol hai fatto in Serie A?

 «Credo intorno ai 50-60 gol ma non ricordo di preciso perché ho vissuto 21 anni da professionista dividendomi tra Serie A, Serie B e Serie C. In totale ho collezionato circa 250 gol ma in Serie A ne ho raccolti un po’ meno rispetto alle altre categorie perché non ci ho giocato tantissimo. Anche se in quei pochi anni ho provato la gioia di essere stato capocannoniere indossando la maglia del Bari (stagione 1995/96, ndr)».

Giovanni Calenda
Intervista di Davide Polito