La Fondazione Polito si batte da anni affinché tutti i ragazzi che praticano attività sportiva non agonistica svolgano gli esami ematici

Prof. Francesco Fedele: «Vi spiego l’importanza degli esami ematici»

Perché sono importanti gli esami ematici? La Fondazione Fioravante Polito si batte da anni affinché tutti i ragazzi che iniziano a praticare attività sportiva non agonistica (dai 6 anni di età) sostengano gli esami ematici durante le rituali visite mediche. Per comprendere maggiormente l’importanza di tali controlli, in nome di un diritto alla prevenzione che risulti sempre primario per qualsiasi atleta, abbiamo intervistato il Professor Francesco Fedele, Titolare della prima Cattedra di Cardiologia presso l’Università “La Sapienza” di Roma nonché Direttore della prima Scuola di Specializzazione in Cardiologia della stessa Università e Direttore DAI Malattie Cardiovascolari e Respiratorie presso il Policlinico “Umberto I” di Roma. Riportiamo di seguito le sue parole.

Quanto è importante l’utilizzo dell’elettrocardiogramma – a riposo e sotto sforzo – e quali malattie si possono prevenire?

«L’elettrocardiogramma è un importante strumento diagnostico che può essere usato nella popolazione giovanile come screening di malattie che possono portare alla morte cardiaca improvvisa. Tramite la corretta interpretazione dell’elettrocardiogramma a 12 derivazioni è possibile sospettare e avviare l’iter diagnostico per alcune malattie quali canalopatie (sindrome di Brugada, QT lungo, QT corto), malattie del sistema di conduzione (sindrome di Wolff-Parkinson-White), malattie strutturali cardiache (cardiomiopatia ipertrofica, displasia aritmogena del ventricolo destro, cardiopatia dilatativa miocardite). Solo alcune patologie, come la sindrome di WPW, possono manifestarsi anche in età pediatrica; le altre cardiopatie, generalmente, si manifestano all’elettrocardiogramma dopo la pubertà e lo sviluppo psico-fisico del giovane. Inoltre, l’ECG in età pediatrica può generare “falsi positivi”. Si ritiene che effettuare l’ECG nella popolazione pediatrica è auspicabile, ma è assolutamente necessario ripeterlo e rivalutarlo in età giovanile (dopo la pubertà). L’elettrocardiogramma è un esame da effettuare a prescindere che si svolga o meno attività sportiva».

Cosa cambia per gli atleti di età compresa tra i 20 e i 40 anni? 

«L’elettrocardiogramma a riposo permette di diagnosticare o di sospettare molteplici malattie cardiache, che possono essere molecolari o strutturali. Negli atleti al di sopra dei 35 anni di età è necessario eseguire il test da sforzo poiché è in età adulta e prevalentemente si manifesta la cardiopatia ischemica. Anche negli atleti under 35 l’elettrocardiogramma sotto sforzo può essere diagnostico per evidenziare patologie a rischio di morte cardiaca improvvisa come per esempio la tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica».

Come attuare la prevenzione?

«A prescindere dallo screening strumentale è necessario prevenire le malattie cardiovascolari adottando un corretto stile di vita che non può prescindere da un regime alimentare sano, che limita l’assunzione eccessiva di grassi e zuccheri. Il fumo di sigaretta e l’abuso di sostanze stupefacenti sono notoriamente pericolose e vanno assolutamente evitati. Inoltre, in età infantile è possibile anche eseguire un prelievo ematico per la ricerca di geni che codificano malattie che portano a morte cardiaca improvvisa (ad esempio QT lungo, QT corto, sindrome di Brugada). L’attività fisica fa bene purché fatta in totale sicurezza: è necessaria la visita medica e l’elettrocardiogramma prima di intraprendere l’attività sportiva».

Se un atleta è affetto da una cardiopatia fin dalla nascita, con quale tipo di esame può scoprirlo?

 «Le cardiopatie congenite sono generalmente riconosciute nelle prime settimane e nei primi mesi di vita. Altri tipi di cardiopatie è vero che sono inscritte nel nostro DNA (sin dalla nascita abbiamo i geni che codificano quella malattia), ma queste non si manifestano fino a un certo punto della nostra vita. È il caso ad esempio della cardiomiopatia ipertrofica e della displasia aritmogena del ventricolo destro. Per questo è necessario sottoporre gli atleti a periodici controlli cardiovascolari che non devono limitarsi a esami di secondo livello (quali ecocardiogramma e test da sforzo) ma che in alcuni casi dovrebbero prevedere anche l’utilizzo di particolari tipi di esami quali la risonanza magnetica cardiaca in grado di delineare alterazioni morfologiche e strutturali non visibili con altri metodi».

Giovanni Calenda