Ciro Salatiello ha raccontato la sua avventura ricoprendo il ruolo di chef del Napoli per diversi anni, a contatto con tanti campioni

Chef Salatiello: «Ecco cosa preparavo ai calciatori del Napoli…»

La Fondazione Fioravante Polito ha avuto il piacere di intervistare Ciro Salatiello, ex chef del Napoli, esperto nell’ambito delle diete offerte ai calciatori e, più in generale, agli sportivi. Di seguito si riporta il testo integrale dell’intervista.

Ciro tu hai lavorato con la società sportiva del Napoli per 15 anni: in che modo curavi l’alimentazione dei calciatori?

«Innanzitutto ci tengo a premettere una cosa: lavorare in una società sportiva professionistica significa avere rapporti con calciatori professionisti. Quando ti trovi di fronte calciatori di un certo livello e spessore, loro si autocontrollano nell’alimentazione, sono capaci di farsi una propria dieta, sanno cosa possono o non possono mangiare. Il loro lavoro viene vissuto come una sorta di missione, quindi anche la dieta è curata in modo professionistico, maniacale. Detto ciò, è naturale poi che le competenze del medico sportivo, unite alle abilità dello chef, completano alla perfezione il quadro alimentare di un calciatore».

A proposito di questo, quali sono gli alimenti maggiormente utilizzati in cucina? E come vengono cucinati?

«Esistono diversi modi. Il mio metodo era quello di far mangiare ai calciatori lo stesso cibo, più volte a settimana, ma cucinandolo e soprattutto ponendolo sulla tavola in diversi modi. Faccio un esempio: se cucinavo le verdure, era importante porle sulla tavola a forma di cubetti o di tagliatelle, a volte più lunghe, altre volte più corte… e così via. Sembra banale come discorso ma in realtà è un aspetto fondamentale; e questo non vale solo per i calciatori, ma per tutti. La prima cosa da cui siamo attratti quando andiamo a mangiare sono i colori. Vedere del cibo sulla tavola, se non è ben disposto, colorato, di bell’aspetto, non ci attrae; e di conseguenza pensiamo che quell’alimento non sia buono. I colori sono importanti, e poi vengono gli odori e il sapore finale. Quindi sulla mia tavola c’era sempre, ad esempio, un tris di verdure, un po’ di pasta. Per una squadra che si ritrova in ritiro, è importante trovare a tavola della pasta, rigorosamente al dente, soprattutto prima della gara perché agevola la digestione. L’alimentazione sotto questo aspetto è fondamentale così come seguire i consigli dei medici».

Nel cosiddetto “calcio spezzatino” in cui si gioca a qualsiasi orario del giorno, anche a ridosso degli orari di pranzo, come viene gestita l’alimentazione del calciatore?

«In realtà, al contrario di come si potrebbe pensare, non subisce grossi stravolgimenti. Se si gioca alle 12.30, vuol dire che la sera precedente si mangia un po’ prima del dovuto, la colazione la posticipi leggermente in modo da arrivare più affamato a tavola e mangiando qualche carboidrato in più, magari pasta in bianco che fornisce più energia. È fondamentale in qualsiasi caso mangiare sempre tre ore prima della gara. Quindi in caso di partita alle 12.30, si finisce di mangiare entro le 9.30, non oltre.

Ti è mai capitato che qualche calciatore pretendesse un alimento piuttosto che un altro? O esprimesse preferenze particolari?

«Ribadisco in parte ciò che ho detto prima: quando lavori con professionisti è difficile trovare giocatori che si lamentano del cibo presente sulla tavola. Anzi, a volte capita il contrario: sono loro stessi che ti correggono se trovano qualcosa di sbagliato. E poi lo staff tecnico è vigile anche su queste cose, vedono cosa mangiano i calciatori e se c’è qualcosa che non va lo segnalano».

Qual è l’aspetto più importante della cucina di una società sportiva?

«Senza dubbio la cottura del cibo. Se cucini la verdura nell’acqua, l’alimento perde le proprietà nutritive; se la cucini al vapore, le conserva. Ciò comporta il fatto che un calciatore, se assimila bene la giusta quantità di proteine, vitamine e carboidrati, avrà una maggiore resistenza fisica, e dunque una maggiore resa nella corsa, durante le partite e gli allenamenti duri e costanti. Una cosa che consiglio sempre è quella di mangiare la frutta dopo gli allenamenti per assimilare gli zuccheri e “ricaricare” i muscoli».

Giovanni Calenda